di Sara Carloni
Sovico, 30 Marzo 2023
Ci vuole coraggio a parlare di disagio mentale quando questo è ancora uno stigma che il sistema cuce addosso a persone che solamente, intensamente, soffrono. Così, oltre al dolore, anche l’etichetta di “malato mentale” diventa claustrofobica e ci si sente stretti in panni che non si sentono propri e a cui spesso si finisce per adattarsi.
Ci vuole coraggio a scucire e ricucire questi panni su misura della sofferenza di ogni persona in quanto ognuna inevitabilmente diversa dalle altre. È il coraggio di Silvia che stasera presenta il suo libro “Luce dalle crepe” come occasione di confronto e come chiave d’accesso verso un nuovo modo di considerare la malattia mentale, e che precisa essere esito della sua esperienza e formazione ma soprattutto di tutte le vite che per caso, fino ad oggi, hanno incontrato la sua.
La malattia mentale non esordisce all’improvviso, una persona che si ammala fa parte di un sistema complesso che è intrinsecamente sofferente e di tutta questa sofferenza è il paziente che si fa carico. Indossa uno zaino pesante, che contiene eredità emotive non solo sue e il cui peso, se fosse condiviso ed equamente redistribuito, sarebbe meno faticoso da portare. Tuttavia, ci vuole coraggio ad occuparsi dei propri pesi di madre, padre, fratello, sorella, persona che vive immersa in una cultura della colpa che sposta la responsabilità della propria sofferenza sull’altro, lo isola, lo abbandona ma così facendo in qualche modo ci salva. Perché è più facile credere che chi ha un problema non siamo noi, lasciare che sia qualcun altro a prendersi la responsabilità di portare il peso dei nostri irrisolti.
Come nelle più famose storie, per esserci un vincitore ci deve essere un vinto, tuttavia non è detto che quando una storia familiare si complica ci debba essere qualcuno destinato a perdere. Come nella storia di Maria Luisa e dei suoi figli: una storia di sofferenza iniziata tanto tempo prima della loro malattia e da cui sono nati la necessità di cambiamento e il desiderio di mettersi in discussione; di affrontare a testa alta i dolori del passato e quelli del presente.
Il coraggio di Maria Luisa e dei suoi figli ha permesso loro di essere oggi tutti vincitori. Lo testimoniano i suoi occhi che parlano a volti nuovi e attenti, insieme all’impegno nell’associazione Psiche Lombardia che aiuta familiari e pazienti a prendersi cura di loro stessi e dei propri pesi, restituendo un senso alla storia di ognuno, validando le sofferenze piuttosto che negandole, tenendo viva la speranza.
Ci vuole coraggio a chiedere aiuto e ad intraprendere un percorso di psicoterapia che ci fa sbattere contro i nostri limiti e ci fa rivivere e ripensare a come siamo stati figli e a come siamo genitori. Coraggio di cui alcuni genitori dell’associazione, qui oggi, si fanno portavoci. La malattia mentale dei figli ha dato loro un’opportunità di crescita personale e di cambiamento che hanno saputo cogliere, come ‘luce dalle crepe’.
Ci vuole coraggio per dire alla propria madre che cinque anni fa hai chiesto aiuto perché da sola sentivi di non potercela fare ad occuparti delle tue di crepe; che il consiglio che dai agli altri, ogni giorno, di mostrare e di prendersi cura delle proprie fragilità senza timore di essere giudicata, eri tu la prima a non ascoltarlo.
Perché ci vuole coraggio ad essere fragili in una società che ci chiede di essere sempre più performanti e di nascondere le difficoltà con senso di vergogna, come fossero segreti indicibili. Un sistema dove chiedere aiuto è sinonimo di debolezza. Per questo ci vuole coraggio ad assistere persone che non vogliono farsi aiutare, come i genitori di un ragazzo che viene assistito domiciliarmente o quelli di un bambino a cui viene suggerita dall’insegnante una visita neuropsichiatrica. Ci si difende e si prendono le distanze da ciò che sentiamo potrebbe farci male. Ma è quando deponiamo le armi e decidiamo di chiedere aiuto e di farci aiutare che accogliamo il dolore e ce ne possiamo liberare. Possiamo allora essere fieri delle nostre fragilità e condividerle.
Ci vuole coraggio ad essere in questa sala, oggi, a dialogare di disagio mentale; ad ascoltare diversi pareri e sensazioni; diverse storie di vita e a cogliere tutto ciò come una straordinaria possibilità di crescita.
Sara Carloni